Massimiliano Zane

L’evoluzione delle ICT – Information and Communications Technology , o la così detta “rivoluzione digitale e del Web 2.0 ” , ha determinato l’attuarsi di quella che viene definita dall’economista statunitense John Rifkin l’ “era dell’accesso”: un’epoca caratterizzata da “il passaggio da un’economia dominata dal mercato e dai concetti di bene e proprietà, verso un’economia dominata da valori come la cultura, l’informazione e le relazioni ”. L’utente allora cambia la propria configurazione diventando “prosumer” (termine che unisce le parole producer e consumer, produttore e consumatore). Esso “rappresenta un pubblico attivo, critico, o semplicemente impegnato in prima persona non solo nella fruizione ma anche nella produzione di contenuti” . Complice la diffusione dei social network, poi, negli ultimi anni le dinamiche e le modalità di relazione si sono fortemente modificate, in particolar modo tra le fasce di utenza d’età più giovane. Ciò ha determinato una conseguente evoluzione anche nell’insieme degli strumenti e dei modelli di design dell’esperienza di consumo in generale. La crescita vertiginosa dell’uso di strumenti digitali, a cominciare dagli smartphone, inoltre, ha ulteriormente modificato stili di consumo e prodotti, ad esempio, incrementando il traffico internet mobile nell’uso quotidiano. Tuttavia, un conto è la cultura in digitale, un conto è la cultura del digitale.
La prospettiva di sviluppo dei supporti mobile e del digitale in genere risulta influenzare in modo significativo anche la richiesta di nuove dinamiche di personalizzazione dell’offerta, di servizi, di educazione e formazione professionale e personale. L’utente oggi desidera risposte flessibili ai propri interessi e di farle proprie attraverso un vissuto esperienziale ed emozionale personalizzato, ovvero rilasciato secondo PFE – Personal Facilitated Experience (o esperienza personale facilitata). Attuare o meno tali dinamiche, dunque, può incidere sull’equilibrio tra “aspettativa” e “soddisfazione” (la soddisfazione riscontrata nel compiere una esperienza viene determinata dall’esito positivo nella comparazione tra le prestazioni ottenute rispetto quelle attese). Rispondere a tali nuovi bisogni e nuove aspettative ha spinto quasi tutte le aree di mercato a ridefinire rapidamente i propri stili e piani di contatto e comunicazione. L’obiettivo oggi è offrire all’utenza (in maniera quasi istantanea) nuove forme di partecipazione attraverso relazioni ed esperienze (spesso online) centrate sul sé. Tale cambio di paradigma, inevitabilmente, ha avuto effetti anche sul settore culturale: oggi i visitatori di musei o gallerie d’arte o altri “luoghi della cultura” come teatri e biblioteche, non desiderano più solo frequentare tali luoghi, ma ritengono un valore aggiunto viverli attraverso esperienze partecipative. Secondo tale prospettiva un numero crescente di individui si aspetta di essere coinvolto oltre che fruitore, quindi di riscontrare anche nei “luoghi di cultura” meccaniche e dinamiche a cui ha già accesso usuale nel conteso della sua vita quotidiana. In questo senso, negli ultimi anni, le proposte culturali nate in seno alle nuove regole di sviluppo del pubblico (o audience development) hanno velocemente cambiato la propria forma: dalla realtà aumentata agli allestimenti cros-mediali, dal digital storytelling al social gaming, fino ai contest digitali ed al turismo emotivo, la valorizzazione (anche economica) delle risorse di musei e “luoghi di cultura” oggi si realizza anche attraverso nuovi modelli di programmazione partecipata. Tali nuove logiche di fruizione si sviluppano sempre più concentrandosi sull’utente (o User-centered Design) , dove la comprensione di bisogni, desideri e limiti dei visitatori risulta fondamentale nella creazione di programmi culturali connotati da elevati gradi di coinvolgimento (o di Engagement) .
Il coinvolgimento attivo del pubblico può avere diversi significati e diversi obiettivi, a seconda del business e dei target di pubblico cui ci si riferisce. Inoltre possono intervenire altre variabili come il tipo di evento, il luogo, il momento storico. Tuttavia, coinvolgimento e partecipazione rispondono quasi sempre ad un’unica esigenza di attenzione, sia che si tratti di quella rivolta ai fruitori che di quella ricevuta dagli stessi. Ciò significa che il valore aggiunto di un’esperienza culturale, oggi, non viene più dato unicamente dalla qualità delle informazioni e dei contenuti che essa offre, ma deriva anche dallo spettro di opportunità di coinvolgimento che essa è in grado di attivare.
Tali opportunità di contatto possono svilupparsi tra contenuti e pubblico, tra pubblico e pubblico, tra istituzione e pubblico, secondo una modalità nella trasmissione dei messaggi che da “unidirezionale” oggi diviene “dialogica”. Secondo questi principi una istituzione culturale partecipativa può essere definita come “quel luogo in cui i visitatori possono creare, condividere e connettersi l’un l’altro attraverso il proprio e l’altrui contenuto” . Ciò significa che in essa “i visitatori contribuiscono attivamente a formare le proprie idee, i propri oggetti e le proprie espressioni creative donandole all’istituzione e ricevendone altre in cambio ”.
Tale interpretazione del rapporto tra mezzi tecnologici e “luoghi della cultura” ridefinisce anche le modalità attraverso cui ideare ed attuare nuove forme di progettazione culturale. Una prospettiva di sviluppo che sfrutti modalità collaborative tra tutti gli elementi partecipanti in maniera organica eviterà, tra le altre cose, che le tecnologie applicate al contesto culturale si rivelino immature, inusabili, malfunzionanti, complicate o che invecchino troppo rapidamente (creando gravi criticità). Un approccio interdisciplinare che riguarda più indirizzi: il cosa (museologia), il come (museografia), il chi (pubblico) e il mezzo (nuovi media), dove il mezzo non è il fine: per realizzare una equilibrata progettazione culturale la tecnologia da sola non basta. Da tutto questo emerge come i “luoghi della cultura” siano assimilabili ad organismi viventi in perenne adattamento ed evoluzione, una evoluzione favorita dalla svolta socioculturale contemporanea delle ICT che trova nella loro diffusione la propria causa ed il proprio effetto.
Allora, in conclusione, digitalmente parlando di cultura e musei, la parentesi che si apre è ampia e inizia dall’evoluzione dei contesti sociali, del quadro normativo e degli strumenti tecnologici a supporto della fruizione e dell’accessibilità al patrimonio culturale. Non si tratta solo di comunicazione e social media ma parliamo anche di tecnologie strutturali e strumentali: trasposizione in digitale delle collezioni e del materiale bibliografico d’archivio; o della messa a sistema dei supporti online, come i siti internet, e della ridefinizione degli standard dei servizi offerti, ad esempio e-commerce e bigliettazioni; di comunicazione di contatto e fruizione onsite, con ri-allestimenti che prevedano innesti tecnologici innovativi, come APP o VR, o online, si coi “social” o i virtual tour, ma anche della qualità dei contenuti che propongono. E a questo va (andrebbe) aggiunta la crescente necessità che tutto ciò comporta in termini di professionalità specifiche che quest’insieme chiede per attuarsi, mantenersi ed implementarsi in una “evoluzione” costante. Perché, come detto in principio, un conto è la cultura in digitale, un conto è la cultura del digitale.