Se i viaggi nello spazio organizzati da SpaceX vi sembrano un passatempo da miliardari, potreste essere fuori dal mondo anche senza essere mai stati lanciati in orbita.

L’ebbrezza da assenza di gravità oltre che negli astronauti estemporanei, potrebbe presto manifestarsi nei tassi di crescita dell’economia spaziale, un settore in fermento, destinato a far decollare il Pil mondiale in questo decennio.
SpaceX, nata nel 2002 per iniziativa di Elon Musk, dopo molteplici tentativi, ha messo a punto un razzo vettore riutilizzabile alcune dozzine di volte. La concorrenza, rappresentata dalla United Launch Alliance, una joint venture tra i due giganti dell’aerospazio, Boeing e Lockheed Martin, ha gettato la spugna per manifesta inferiorità.
Come ha puntualizzato Marco Bussi sul nostro canale YouTube, Inglorious Globastards, SpaceX ha polverizzato i costi: con lo Space Shuttle della Nasa (navetta dai costi esorbitanti stimati in quasi 28 miliardi di dollari) trasportare un chilo nello spazio costava circa 54mila dollari. Con il prossimo vettore di SpaceX, costruito in acciaio e battezzato Starship, si stima che costi verranno abbattuti fino a 13 dollari al chilo, considerando che ogni lancio costerà meno di due milioni di dollari per un payload fino a 150 tonnellate (sei volte superiore a quello attuale, il Falcon 9). Lo spazio a bordo verrebbe suddiviso in blocchi standardizzati, in modo da diventare l’analogo delle navi portacontainer.
Questi vettori riutilizzabili finora hanno trasportato astronauti alla stazione orbitale Iss per conto della Nasa. Il futuro tuttavia riserva piani decisamente più grandiosi. Lo Starship potrà servire non solo per il trasporto nello spazio, ma anche per il trasporto iperveloce tra due punti del globo. Il primo obiettivo è scontato, dal momento che SpaceX nacque con l’ambizione (che a Elon Musk non pare difettare) di lanciare una “civiltà spaziale multi-planetaria”, edificando la prima colonia terrestre su Marte.