Il triangolo del Golfo del calcio europeo si è completato. Nei prossimi anni si prospetta un nuovo vortice di spese folli, specie sul calciomercato, per accaparrarsi lo scettro di club più vincente. Dopo il Manchester City rilevato nel dall’Abu Dhabi united Group dell’emiro Mansur bun Zayd Al Nahyan per utilizzarlo come canale per promuovere Abu Dhabi e le proprie aziende a partire dalla la compagnia aerea Etihad e il Paris Saint Germain acquistato nel 2011 dal Qatar Sport Investment dell’emiro Tamim bin Hamad al-Thani , pochi mesi dopo la conquista dell’organizzazione del mondiale 2022, ieri il Public Investment Fund saudita del principe Mohammed Bin Salman ha messo le mani sul Newcastle, dopo una battaglia legale e politica durata quasi un anno. In tutti e tre i casi le operazioni si sposano con i piani pluriennali Vison 2030 diretti a diversificare gli investimenti dei ricavi della vendita di petrolio e gas e per adoperare il calcio come leva di soft power. Anche se nell’operazione saudita di parla apertamente, più che di soft power, di “sportwashing”.

Saudi Vision 2030
L’Arabia Saudita sta investendo massicciamente nello sport seguendo l’esempio emiratino e qatariota dell’ultimo decennio. Il Mondiale di Formula 1, ad esempio, si chiuderà infatti nel Golfo e il penultimo Gp si correrà a Gedda il 5 dicembre dove è si sta ultimando un costoso circuito cittadino. Un altro tassello per suggellare il Saudi Vision 2030. L’acquisto di un grande club calcistico era però essenziale per la forza mediatica del calcio. Un primo accordo tra Mike Ashley, ormai ex proprietario del club inglese, e il consorzio guidato da Pif era stato trovato all'inizio del 2020, sulla base di circa 350 milioni di euro (300 milioni di sterline, cifra richiesta dal patron dei Magpies, in aperto contrasto da anni con la tifoseria). La Premier League aveva però bloccato il passaggio in base al cosiddetto «fit-and-proper test», ovvero la richiesta dei requisiti di onorabilità da parte della lega prima di autorizzare l’acquisizione delle quote. Le controversie della famiglia reale saudita in temi di diritti umani e la pirateria televisiva, con in ballo pure i diritti del campionato inglese, hanno fatto sollevare più di un dubbio. D’altro canto fino all’ultimo momento Sacha Deshmukh, Ceo di Amnesty International , ha esortato la Premier League «a cambiare i test su proprietari e dirigenti per affrontare le questioni sui diritti umani». Il Public Investment Fund, considerato separato dallo Stato saudita, è presieduto dal principe ereditario Mohammed bin Salman, accusato di essere il mandante del giornalista Jamal Khashoggi. A novembre 2020, il Newcastle aveva avviato un procedimento contro la Premier League per il mancato buon esito dell'operazione. Negli ultimi mesi erano circolare voci su nuovi obbiettivi per il fondo saudita interessato comunque a rilevare un club europeo e si è parlato anche di diverse società della Serie A dalla Roma (con ostacoli religiosi quasi insormontabili) all’Inter e al Milan.
La fine dell’embargo contro il Qatar e delle tv pirata
Il vento però è cambiato. E la Premier League ha deciso di rivedere la propria posizione per non perdere i capitali del regno, dopo la recessione che ha colpito il mondo del calcio per effetto della pandemia. La Lega inglese ha anche approfittato della distensione tra Qatar e Arabia Saudita per aprire le porte agli investimenti da Riyad, con il ritiro del lungo embargo contro Doha sancito a febbraio del 2021. Il governo saudita era infatti accusato dall’emittente qatariota beIN Sports di sostenere il servizio pirata di beoutQ , ai danni tra le altre proprio della Premier League. Ma da questo fronte, proprio poche ore prima dell'acquisizione del Newcastle, si sono registrate novità sostanziali.«Siamo stati informati che l'interdizione illegale di 4 anni e mezzo per beIN Sports in Arabia Saudita sarà presto annullata – è quanto comunicato da beIN Media Group – siamo stati inoltre contattati dai sauditi per risolvere i casi giudiziari, incluso il nostro arbitrato da un miliardo di dollari», pari al cambio a 870 milioni di euro». L’Arabia Saudita, infatti, aveva vietato la trasmissione dei canali di beIN Sports, favorendo di fatto l'espansione di beoutQ, motivo per cui la tv qatariota ha richiesto un indennizzo. Su queste basi, dunque, non solo si stanno creando le condizioni per un disgelo tra i due paesi, ma l'Arabia Saudita ha compiuto un passo in avanti nella lotta alla pirateria. BeIN Sports , tra l’altro, detiene i diritti televisivi della Premier League per il Medio Oriente e il Nord Africa fino al 2025, acquisiti per circa 430 milioni di euro. L’unico voto contrario è stato quello del Newcastle, quando però l'operazione per la cessione ai sauditi era ancora bloccata. La Premier League era in prima linea nella lotta al gigante della pirateria mediorientale denunciando sulla base di un report MarkMonitor come beoutQ si avvalssea delle infrastrutture di Arabsat, il principale operatore di telecomunicazioni satellitari dell’Arabia Saudita.
Escamotage e rassicurazioni
Dopo mesi di veti, è arrivato così il via libera alla cessione del Newcastle ad un consorzio composto dal Public Investment Fund saudita, da Pcp Capital Partners e da Rb Sports & Media . La Premier League in una nota «ha ricevuto rassicurazioni legalmente vincolanti che il Regno dell’Arabia Saudita non controllerà il Newcastle». Più che altro questo appare un escamotage politico e giudirico per evitare contestazioni. L’operazione peraltro cambia i rapporti di forza economica nel mondo del calcio. Il fondo saudita possiede una ricchezza netta di oltre 430 miliardi di euro, vale a dire 13 volte tanto quella di dello sceicco Mansour, proprietario del Manchester City, e addirittura 50 volte più ricco di Nasser Al-Khelaifi, presidente del PSG.
Sheffield United
Il Newcastle non sarà il primo club saudita, dato che dal 2013 lo Sheffield United (retrocesso in Championship) vede tra i propri azionisti il principe Abdullah Bin Mosaad Al Saud , altro componente della casa reale, figlio del defunto re Abdulaziz. Il campionato inglese sarà quindi teatro di un derby del Medio Oriente, tra il Newcastle saudita e il Manchester City emiratino.